A prima vista potrebbe sembrare l’articolo di un adolescente che cerca di capire se l’amore della sua vita ha il segno zodiacale dello scorpione o dei pesci. Ma no, non si tratta di questo. L’obiettivo di questa rubrica è dare voce a una generazione, la mia (ho 23 anni), che ha appena concluso un ITER universitario, descrivendo quella che è stata la mia personale esperienza durante il percorso di studi e subito dopo la laurea.
Premetto che sebbene l’articolo racconti dell’università di Optometria in generale, il mio focus rimarrà maggiormente concentrato sull’ateneo di Milano Bicocca, nel quale mi sono immatricolato nel 2016 e dove ho concluso gli studi lo scorso anno.
L’università di Optometria è difficile
Per poter affrontare l’università con la giusta serenità sono fondamentali le basi di matematica apprese al liceo scientifico oppure una grandissima dose di forza di volontà per recuperare il programma anche con il supporto dei colleghi di corso.
L’università di Optometria insegna a “capire”
Sembra scontato, ma nel nostro ambito non tutti sono davvero disposti a capire come funziona il sistema visivo. In effetti basterebbe applicare alla lettera i vari test proposti e verificare a quale soluzione si arriva. In realtà c’è un notevole sforzo da parte dell’università per permettere di creare un proprio ragionamento attraverso lo studio di anatomia, fisiologia, patologia, ottica geometrica, più tutti i corsi di indirizzo.
I docenti
Come in ogni corso di laurea ci sono professori più o meno bravi e preparati, come del resto lo sono gli studenti, ma non posso lamentarmi dell’istruzione ricevuta. O, meglio, credo che gli aspetti negativi di cui poi parleremo non derivino dai docenti, sempre pronti ad aiutare.
I seminari
L’università organizza una buona quantità di seminari in orari extra scolastici e prevede che lo studente, debba seguirne una buona parte per accumulare i crediti necessari alla laurea. In alcuni casi i moduli sono davvero impegnativi: ad esempio, dopo quattro ore di seminario sulla geometria free form delle lenti progressive è fisiologico l’abbassamento del livello di attenzione e la parziale perdita di interesse per il tema trattato.
Il tirocinio per la tesi
L’ultimo anno si è tenuti a scegliere un argomento su cui effettuare uno studio della durata di circa 3-4 mesi che fungerà da ispirazione per la tesi. Tutti gli studenti cercano quindi di accaparrarsi i professori migliori. Sì, ma migliori per cosa? Una sola parola: statistica. È stato molto divertente e appassionante imparare a usare il t-student test (test statistico che permette di capire quanto il valore medio di una distribuzione di dati si discosta da un valore atteso) su YouTube. Alla fine ho scoperto che ne sapevo più io di molti altri, quindi a qualcosa è servito.
L’università non ti insegna a lavorare
Ebbene sì, quando si esce dall’università, come accade in generale per altre facoltà, il bagaglio culturale è molto ampio, le nozioni acquisite risultano numerose, ma non si hanno effettivamente una preparazione e un’esperienza adeguate per affrontare il mondo del lavoro. Ci vorrebbe un inserimento più graduale, per esempio con stage lavorativi. Questo, a dir la verità, non è solo un compito dell’università ma anche delle aziende. Maggiore collaborazione, please.
Molta teoria e poca pratica
È una causa diretta del punto precedente. Spesso mi sono interrogato sulla necessità pratica di imparare la dimostrazione a memoria di alcuni teoremi, a volte appresi solo per affrontare un esame, invece di seguire un corso vero di molatura lenti o approfondimenti sulla parte clinica, così come su quelli di vendita e comunicazione. L’appello che faccio è: più pratica. Crea interesse, che a sua volta stimola studio.
Laurea Magistrale
Tutti i punti espressi precedentemente potrebbero essere risolti da una laurea magistrale. La immagino con stage lavorativi, con opportunità di imparare a non finire, con focus mirati e importanti. Per emergere nel mondo di oggi bisogna essere estremamente preparati e non si può pensare di trattenere in Italia i migliori cervelli, se non si ha un panorama allettante di specializzazioni.
VisionOttica Award
I VisionOttica Award sono l’aspirazione più bella cui un laureando in Optometria possa puntare. Si parla di una borsa di studio significativa per fare ciò che ci piace di più. Studiare. A oggi è l’unico premio che avvicina le università alle aziende e grande merito va a Vision Group per averlo istituito. La realtà è che coloro che lo vincono (me compreso) devono andare a studiare all’estero e spesso all’estero ci rimangono. Una riflessione andrebbe fatta, perché se è vero che il premio ha una nobilissima intenzione, il sistema che ci sta dietro forse non è pronto per accoglierlo. È giusto e stimolante fare esperienze all’estero, ma non conviene che le migliori menti si alimentino nel nostro paese?
Futuro
Noi giovani optometristi saremo coloro che nel 2050 dovranno affrontare le nuove dinamiche visive. E chissà quali saranno e cosa comporteranno. Non si può credere di non avere un’università evoluta alle spalle e che il 90% dei problemi verranno risolti sul campo. Collaboriamo, tiriamo fuori idee, innoviamo. Creiamo. E le aziende investano in noi, nella nostra preparazione. Vedrete che non ve ne pentirete.
Optometria Giovane.
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